L'avanguardia inaudita
KLEMENS GRUBER: INTERVISTA
di Alessandro Marucci (Il Manifesto/Alias 9 marzo 2002)
E' tutta da riscrivere la storia delle radio libere in Italia che, per un breve e convulso momento, sperimentarono la possibilità di una radicale democrazia della parola.
Negli anni Settanta, grazie al crollo dei prezzi delle tecnologie comunicative, mentre cessava il monopolio statale sull'etere fiorirono un po' dappertutto esperimenti con strumenti off-set a basso costo, con radiotrasmittenti e video amatoriali. Una proliferazione senza precedenti di macchine linguistiche che trasferirono nell'etere la potenza sociale delle piazze italiane, una sorta di prolungamento tecnologico dello spazio pubblico metropolitano.
Radio Alice rappresentò forse l'esperienza più avanzata di tutte queste sperimentazioni con le nuove tecnologie.
A guastare la festa arrivarono subito dopo le Tv private, prima con i loro strip-tease notturni poi con i loro bingo casalinghi, che seppellirono sia le tradizionali, arcaiche, forme di vita urbana sia le invenzioni comunicative di un'intera generazione, ipnotizzando nelle case (e ammutolendola) quella moltitudine di individui che aveva rifiutato durante il decennio precedente di essere ridotta a pubblico passivo e generico.
Insieme a Klemens Gruber, che oltre a partecipare ai movimenti creativi di quegli anni ne è un autorevole studioso, proviamo a ripercorrere la storia di Radio Alice, tenendo bene a mente che come allora l'emergere di una radiofonia militante segnava la fine dell'era pretelevisiva oggi l'affermarsi della netculture sconvolge il paesaggio mediatico tradizionale, aprendo spazi inediti all'agire comunicativo e politico.
Quali sono le fasi che hanno portato alla nascita di Radio Alice a Bologna?
E' a partire dal 1974 che in questa città comincia a circolare la voce sulla possibilità dell'apertura di un'emittente radiofonica. Quando la RAI possedeva ancora il monopolio sulla radiotelevisione, si formò un collettivo chiamato "controradio" che iniziò a valutare la possibilità di mettere in piedi una radio pirata. Ma fu il gruppo che ruotava intorno alla rivista A/traverso, animata da Franco Berardi, a svolgere la ricerca teorica e ad elaborare un proprio concetto sulla comunicazione ispirato sia dall' euforia dell'avanguardia storica sui nuovi strumenti massmediatici sia dalle visioni soft tardocaliforniane sul ridimensionamento dei media a misura d'uomo.
Qual è l'aspetto che caratterizza il progetto comunicativo di questa radio rispetto a quello tradizionale della sinistra?
La sinistra "vecchia e nuova" aveva concentrato la propria attenzione unicamente al contenuto dell'informazione sviluppando quella che venne chiamata "controinformazione". Il collettivo di Radio Alice invece cerca di abbandonare quella tradizione per passare alla "guerriglia informativa" che non doveva limitarsi ad un semplice lavoro sull'informazione ma investire direttamente l'intero ciclo informativo. Si tratta di un cambiamento radicale. "Signori, non stiamo parlando delle stesse cose, lo scarto che passa fra la vostra informazione e la nostra è grande quanto una vita" diceva Radio Alice.
Come spieghi questo cambiamento?
La "controinformazione" o "comunicazione alternativa" lasciava inalterati i rapporti tra codice e messaggio e soprattutto quelli tra emittente e ricevente.
La "guerriglia informativa" praticata da Radio Alice sconvolge tutta l'architettura dei media, ne sbilancia la presunta perfezione: cerca di annullare la rigida divisione tra ascoltatori e redattori, per arrivare a produrre collettivamente l'informazione.
L'elemento fondamentale di questa strategia è che non deve esistere una notizia o informazione prodotta esternamente da questo ciclo comunicativo, cosa che invece fanno le agenzie stampa private, tesorizzando la notizia per rivenderla a posteriori. L'aver dichiarato "proprietà sociale" sia l'informazione che la musica (oltre alla libertà di accesso) hanno gettato le basi per superare la concezione della proprietà privata del lavoro intellettuale.
Quali altre riflessioni sulla comunicazione di massa contribuiranno allo sviluppo del progetto comunicativo della radio?
Vi sono due punti di vista contrastanti sulla comunicazione ad essere presi in considerazione: da una parte la posizione di H. M. Enzensberger che si fonda sulla Teoria della radio di Bertolt Brecht, secondo il quale il sistema dei media è sottoposto al controllo e al monopolio della classe dominante, che per suo vantaggio ne modifica la funzione mentre la struttura rimane sostanzialmente egualitaria. La strategia rivoluzionaria - secondo questa versione - consiste nel liberare i media da questo controllo e restituirli alla loro vera destinazione, quella socialista. In questa ottica non sono i media ad essere il problema ma chi li governa.
Altro punto di indagine è quello proposto da Marshall McLuhan racchiuso nella famosa formula "the medium is the message" e quello contrario della Scuola di Francoforte, secondo cui il mezzo, strutturando il messaggio indipendentemente dal contenuto e dal destinatario, sarà sempre più forte dell'enunciatario. Mentre per Adorno questo motivo esclude ogni uso aberrante dei media, McLuhan sostiene con grande enfasi che i media rivoluzionano tutto, anzi che la rivoluzione sono loro.
Tutte queste riflessioni sono ben presenti nelle discussioni che porteranno alla nascita di Radio Alice, ma si riveleranno assai poco utilizzabili o meglio verranno talmente radicalizzate da far sbiadire l'ottimismo che trasuda la prosa transmediale mcluhaniana e le illusioni pedagogiche e di riconversione rivoluzionaria auspicate da Enzensberger. Mentre verranno sperimentati il "fascino del villaggio" di McLuhan e il "linguaggio sporco" dei mezzi elettronici di Enzensberger.
Parliamo dei riferimenti culturali, e di quella che tu hai definito la ricerca di una "poetica della trasformazione"?
A dare il nome alla radio è l'Alice di Lewis Carrol, la protagonista di due libri famosi: Alice nel paese delle meraviglie (1865) e Attraverso lo specchio (1871). E anche un terzo libro le fa da padrino: La logica del senso di Gilles Deleuze che decifra i paradossi attraversati dall'eroina di Carrol come metafore dei meccanismi della perdita dell'identità. Giocare contro la paranoia identitaria sarà una delle caratteristiche del collettivo della radio.
Come fortissimo sarà l'interesse per l'operatività testuale di Majakovskij e per la riabilitazione del linguaggio del corpo operata da Artaud.
Il rapporto con un nuovo tipo di comunicazione sviluppa sempre nuovi modi di parlare. Nel caso specifico di Radio Alice si è parlato dell'invenzione di un vero e proprio linguaggio, il cosidetto "linguaggio sporco". Puoi spiegare di cosa si tratta?
In Radio Alice si parlava tanto e di tutto. "Radio Alice trasmette: musica, notizie, giardini fioriti, sproloqui, invenzioni scoperte, ricette, oroscopi, filtri magici, amori, bollettini di guerra, fotografie, messaggi, massaggi, bugie" diceva una sua pubblicità. Le voci più diverse si intrecciavano e si contagiavano in un continuo flusso verbale. E, come si sa, parlare è anche una forma d'autoerotismo, di godimento dunque, che si percepiva perfettamente ascoltando le trasmissioni. Naturalmente vi erano provocazioni linguistiche, parole "sporche", rotture di tabù come le bestemmie per esempio - ma il linguaggio di Radio Alice è sporco innanzi tutto perché è un linguaggio parlato. Le voci sulla frequenza dei 100,6 megahertz ci trasmettevano la possibilità di liberare l'espressività linguistica dall'obbligo del senso. Le voci senza immagini, le voci che si intensificano nel buio, i rumori sconosciuti: un giorno con amplificatori speciali è stato trasmesso il rumore dell'erba che cresce. Esperimento curioso, innocente, come la piccola Alice.
Qual è l'eredità di un'esperienza "breve ma intensa" come quella di Radio Alice?
Innanzi tutto il desiderio di comprendere il processo di trasformazione al quale apparteniamo. "All of us were perfectly conscious" diceva Roman Jakobson sull'avanguardia storica a cui egli apparteneva. Lo stesso spirito, la stessa voglia di capire si trovava attorno a Radio Alice: un flusso continuo di produzione teorica anche davanti ai microfoni che già allora si concentrava su temi che oggi sono il terreno dei mutamenti globali: il lavoro come produzione del sapere, il linguaggio e il suo controllo ed inoltre il concetto del soggetto come punto d'incrocio d'energie collettive.
La seconda grande innovazione è stata la ricerca sistematica sul mezzo. Ma non basta pensare i media bisogna anche cavalcare sulle tecnologie d'informazione più avanzate e abusarne poeticamente, esteticamente. Mentre l'avanguardia storica si è appropriata dei nuovi mezzi di comunicazione per superare la crisi dell'arte e costruire tramite queste interfacce un rapporto con il nuovo pubblico, con le masse urbane - i giovani bolognesi sperimentavano coi mass-media per distruggere il rapporto già esistente con i consumatori, per sovvertire questo rapporto di passività: far rientrare il pubblico, lo spettatore, l'ascoltatore nel processo di produzione per cambiarlo.
E sin dall'inizio le sperimentazioni di Radio Alice fecero molto divertire e resero paradossale l'insopportabile realtà. Cosi si formó un'intelligenza creativa ed allegra, precorritrice dell'attuale cultura della rete.