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Filippo Scozzari: intervista

Radio Alice e Bologna nel ’77

Per Radio Alice tutti i giorni alle due leggevo il Racconto Digestivo. Davo la caccia ai testi brevi più schifosi e farneticanti che potessi trovare, articoli dall’Arcibraccio, raccontini di fantascienza. Suscitai le ire delle femministe all’ascolto e della redazione, dovetti rifugiarmi nei fumetti e sfruttai un’antologia americana sui comix underground, mai tradotta in Italia. Traducevo a casa, e andavo poi a leggere alla radio, le vite e i processi di “eroici” fumettari, che regolarmente dovevano fare i conti con l’Amerika in tutta la sua sfiga. Contemporaneamente mandavo in onda degli S.O.S., per vedere se riuscivo a trovare qualcuno in grado di costruire insieme a me qualcosa che non fosse una rivistina di mezzi deficienti per deficienti totali, com’erano già allora Linus o Alter Linus o il Mago o la scandalosa Doppia Wù mondadoriana.

In quell’Italia, puzzolente come questa, l’idea di mettere in piedi una radio senza chiedere permessi era di per sé scandalosa, e qualsiasi cosa tu dicessi attraverso i microfoni ti denunciava come spostato o delinquente, magari pure frocio. Tra le poche radio libere italiane si distingueva Radio Alice, che si fece conoscere nei fumosi giorni delle barricate di Bologna perché era considerata dagli imbecilli una radio di guerriglieri. All’epoca nemico dichiaratissimo delle radio libere era il Partito Comunista, che infatti è crepato di lì a poco – vedeva quest’esplosione di comunicazione libera come un aprire la porta ai padroni. Non hanno mai avuto occhio altro che per le questioni unitarie: lo sbocciare di mille fiori radiofonici era una pura e semplice bestemmia, e quindi non impiegarono più di quattro secondi a spedire il loro giudice Persico contro Bifo, contro Radio Alice, a caccia dei collaboratori della radio, e se avessero potuto trovare il modo, anche degli schifosi ascoltatori. Era un inferno. Era un regime “mentale” e politico che stava crollando, i suoi bidelli non capivano nulla di quello che stava accadendo e si comportavano come se il loro regno potesse durare mille anni. Persico è ancora lì. Chissà se ogni tanto arrossisce.

Io, che in realtà con Radio Alice non c’entravo nulla, da una parte assistevo a tutto ciò abbastanza stupefatto, e dall’altra abbastanza distante, teso com’ero a sfondare il muro di gomma che si frapponeva tra me e -lo dico con dozzine di virgolette- il “successo”. I comunisti, sempre ultimi nella comprensione della realtà, si vedevano sfuggire dal controllo (l’aborrita fuga a sinistra, poco più tardi diventata “I Compagni che Sbagliano”) intere porzioni di greggi che nemmeno sospettavano esistessero, un proletariato giovanile assolutamente disposto a disubbidire e al quale non riuscivano a parlare. Quando si sono accorti che Il Ragazzaccio Maleducato e Irriconoscente aveva addirittura osato crearsi i propri mezzi di comunicazione senza chiedere permesso, non ci hanno visto più. A rivolta raffreddata, per farsi perdonare, o forse timorosi finalmente che non bisognava “esagerare nel controllo del territorio”, non seppero vedere o non vollero vedere che l’eroina si stava mangiando Bologna.

Bologna: paradossalmente protetta, fino a quel momento, proprio dal suo essere piccola, provinciale, e surtout “santuario”del buon governo, fu ammazzata perché ai timoni aveva una banda di ciechi, imbelli e decerebrati. Dopo la “VITTORIA!” sugli “studelinquenti”, in via Barberia spesero tempo e denaro per simposi, e agenzie di studio, e comitati, nel tentativo di capire che cosa questo benedetto proletariato giovanile volesse, in una città che presumevano meravigliosamente attrezzata per la soddisfazione di tutti. Ripeto, rimango stupefatto dalla cecità di quelli che avrebbero dovuto governare e che, proprio perché rimasti assoluti padroni del centrocampo avrebbero dovuto sì questa volta “tiranneggiare”, esagerare sul serio nel controllo del territorio e far sentire la mano pesante sulle vere merde, che in quei mesi stavano uscendo dalle fogne e insediandosi sulle strade. Preferirono invece chiudere occhi e buco di culo. Ma come, sei il Re della tua città, il programmatore X ha deciso di annegarti nell’eroina e tu non te ne accorgi, non fai niente? Speri che passi? Non ci sono scuse, sotto nessun punto di vista: pesantissime avvisaglie ce n’erano già state un po’ in tutta Italia, e da un pezzo. Milano ad esempio era un problema ormai marcito, bastava leggersi il RE NUDO di quegli anni, leggerlo, umilmente studiarlo, e PREPARARSI. Macché.

Di fatto ora Bulagna è una delle città più spente che ci siano, sembra Vercelli, e continua a godere di un’attenzione molto al di sopra dei suoi meriti reali.

 

I Cannibali e i fumetti underground americani

I fumetti underground non erano assolutamente pubblicati in Italia, e tutto quello che riuscivo a leggere erano cose che mi spedivano dall’America. Un grandissimo collezionista di quelle introvabili meraviglie era Guccini. Capitai una volta a casa sua, in una stanza le cui quattro pareti erano completamente ricoperte di giornalini. Vedere quella stanza, farsi prendere un infarto e contemporaneamente aver voglia di massacrare a bastonate Guccini fu tutt’uno.

I cinque Cannibali conoscevano le moltissime pubblicazioni americane che in qualche modo arrivavano in Italia. Io letteralmente mi abbeveravo a questo tipo di libertà: scalzacani madornali, che a mala pena sapevano da che parte si facesse la punta alla matita, si permettevano di raccontare quello che nei fumetti non era mai stato raccontato. Qui eravamo rimasti a Tex, e il povero Crepax era considerato come l’eroe della trasgressione e della ricerca. In quegli anni era ancora egemone la soi disant comunista Linus, rivista zeppa di inutili stronzate americane: Pogo, Feiffer, Doonesbury, Peanuts, i Dropouts, poverissime cose.

Chi aveva orecchi per intendere poteva sapere e capire benissimo quello che succedeva qua e là nella scena, però questo non si rifletteva assolutamente nel cervello dei disegnatori italiani. La mia prima storia su Linus, una storia di fantascienza con motivazioni ecologico-guerrigliere - il signor Profumo fa esplodere la fabbrica produci-merda - fu un sasso nello stagno perché fu finalmente chiaro che Crepax, Bonelli, l’Intrepido, quel deficiente di Pratt, o il poco più intelligente Topolino, di ‘ste faccende non avevano parlato mai.

 

Fumetto adulto d’autore e fumetto adulto popolare

Allora il cosiddetto fumetto d’autore era un fumetto salottiero, milanese, di sinistra, da e di stronzi. Poi c’era il mare magnum dei fumetti sporcaccioni, Jacula, il Tromba, Lando, puttanate per camionisti. Ma non erano PROPRIO tutti robetta. Proprio in questa seconda tranche per poveri adulti s’inizia ad esempio l’avventura di Magnus, Alberto Raviola, che inventa un tipo di fumetto oltraggioso, semi-porno (per allora) e violentissimo. Non posso che vedere Magnus come una figura luminosa. Non a caso era odiato dalle maestrine di Linus. Le prime storie di Kriminal e Satanik erano assolutamente fantastiche perché, specialmente dal punto di vista artistico, costituivano un accento nuovo e ribaldo nel panorama spentissimo e mortissimo del fumetto italiano. Erano storie monellesche sia nei personaggi, sia nel modo di proporsi sul mercato e, naturalmente, soddisfacevano un’esigenza. A ben vedere è quello che è successo, con molta più fatica, e senza la dimensione editorial-industriale, dieci anni dopo con Cannibale. Magnus è stato un antenato, un nostro pro-pro zio, davanti al quale mi inginocchio riverente.

 

Frigidaire

C’era bisogno di materiali che non fossero solo i NOSTRI. Scoprimmo quasi subito che gli AUTORI, da qualsiasi tribù provenissero, spesso erano interessanti almeno quanto le loro cose. Si andava a caccia nell’ambito delle arti visive, della ricerca scientifica, della letteratura, di tutti quelli che ai nostri occhi si configuravano come modelli\monelli. Schifano certamente era un monello, Bonito Oliva, Kantor, Kazuo Ohno. Il teatro di ricerca, “sotterranei” scrittori russi scovati da Sparagna, i compositori più estremi. Volevamo dimostrare che esisteva un universo assolutamente diverso e importante, che nelle edicole non esisteva.

Il delitto che è sempre stato imputato a Frigidaire è di essere una rivista popolare che di volta in volta osa entrare, senza chiedere permesso, in ambiti ufficiali che non lo prevedono. Un esempio? Uno scandalo tra i maggiori fu quando, per la questione della fusione fredda, Frigidaire osò parlare da pari a pari con la galassia sconfinata delle riviste scientifiche. Impiegammo 30 secondi a capire che anche in quel circo esisteva un universo di truffatori, di buffoni, di scaldasedie, di geni, d’imbecilli, d’eroi e di pusillanimi, una realtà protetta e guardata a vista dai cani da guardia dell’Ufficialanza Scientifica e Giornalistica. Puro orrore.

Un’altra scommessa di Frigidaire è stata quella di appaiare i fumetti alla realtà, la realtà ai fumetti, quasi a farli scendere in lizza: il fumettaro che deve fare a spadate con la realtà e la realtà che deve produrre uno show scintillante almeno quanto i sogni dei disegnatori. Devo confessare, ad anni di distanza, che noi fumettari quasi regolarmente ne uscivamo battuti: la mosca assassina brasiliana, o chi ha ucciso Indira Ghandi, o la vera fine di Gesù, come fai a disegnarli con la stessa forza?

 

La Dalia Azzurra

Vidi il film, trasmesso da una televisione privata romana, tre o quattro anni dopo aver terminato il fumetto. Una noia totale.

A metterla in termini agonistici, fui facile vincitore: prima di tutto, dal film alla mia storia erano passati quarant’anni di tecnica dello spettacolo, tutti in mio favore. Inoltre non mi genuflessi davanti a Chandler. L’ho preso a bastonate e ci ho fatto lo spiritoso. Un atteggiamento beffardo, che ha ammodernato una storia abbastanza loffia.

 

F.S. all’estero

L’unico mercato che conti ancora è quello francese e là, pur avendo disgustato i lettori con anni di puttanate, gli editori dopo una crisi abbastanza lunga e grave, sono apparentemente guariti dalle loro magagne e sono ancora in grado di presentare storie lunghe, albi. Io di storie lunghe ne ho pochissime (La Dalia Azzurra, Il Mar delle Blatte), anche perché la scena italiana ha funzionato all’opposto: i lettori tendono a stancarsi in fretta di storie a puntate, e gli editori si stancano prestissimo di buttare soldi in un mercato che non è mai nato. La Dalia, in ogni caso fu pubblicata –con una pessima qualità di stampa– da Liberation e poi, utilizzando gli stessi impianti, da L’Echo des Savanes. Non ho visto un franco da nessuno. Tutti pezzi di merda.

 

Il ricambio

Gli autori di Frigidaire hanno estasiato una generazione, ma hanno fallito nel passare il testimone, che probabilmente era impassabile. Oltretutto non fu mai un nostro esplicito obbiettivo. Nessuno è riuscito ad usare Frigidaire come campo base. E’ tutta una generazione che se ne sta al coperto, che lavora nei ministeri, nelle grandi case editoriali, nei partiti. Spero fortissimamente di essere sbugiardato. Quella frigideriana forse è una lezione\ricerca che ha bisogno del salto di due generazioni per essere metabolizzata o riproposta in altre forme. Chissà se esagero.

 

Il Mar delle Blatte

La storia mi era piaciuta parecchio e siccome questo racconto di Landolfi era un testo semi-sconosciuto e in Italia nessuno legge mai un cazzo, decisi di impossessarmene. Non mi permisi di scozzarizzare il suo italiano, e decisi solo di appaiarvi le immagini che quel testo faceva nascere nella MIA testa. Facemmo a testate, ecco. Fu un bel duello. In termini cinematografici io ho curato la scenografia e la regia, Landolfi lo script. Penso di potermi dare la pacca sulle spalle: di quel racconto misteriosissimo e di quella sua scrittura un po’ ricercata, sono riuscito a mantenere i profumi. È un esempio chiarissimo del disegnatore che parte per la tangente, e fa la cosa, e si disinteressa completamente dei rischi che questa cosa può comportare per la rivista che dovrà ospitarla. Tanto per dirne una, non mi preoccupai assolutamente di eventuali diritti d’autore, con cui il direttore dovette poi fare i conti. Nessun lettore di Frigo mi mandò a fanculo, ad ogni modo, e questo è quel che conta. La storia non l'ho più, è finita in fondo al Tevere, dalle parti del Palazzaccio. Il vostro “Genio”, amici, è uno scemo.

Altre radio parlano di Alice

 

Italia

9 Febbraio 2016

Radio Città del Capo, Bologna

www.radiocittadelcapo.it 

Radio Fujiko, Bologna

www.radiocittafujiko.it

In occasione del quarantennale della prima trasmissione ufficale, Città del Capo e Fujiko ricostruiscono il primo nastro di Radio Alice.

http://storage.arkiwi.org/RCF/SpecialeRadioAlice.ogg

 

9 Febbraio 2016

Radio Onda d'Urto, Brescia

http://www.radiondadurto.org/

Anche Onda d'Urto ricorda la nascita di Radio Alice con un'intervista a Valerio Minnella.

http://www.radiondadurto.org/wp-content/uploads/2016/02/Valerio-Minnella-40-anni-radio-alice.mp3

 

Germania

23 Novembre 2016

Radio Corax - radio comunitaria di Halle
www.radiocorax.de 

"... Last summer I've been in bologna with some friends for a week and when we was there, we asked around to get contact to some people who can tell us something about the history of Radio Alice ... .... In such an interview we would like to talk about the context of the founding of Radio Alice, it's role inside the 70's movement in Italia, the way Radio Alice did work, the theoretical influences on Radio Alice, the repression against Radio Alice, what happened after Alice was closed in 1977 ... "

http://radiorevolten.net/ueber-die-legende-unter-den-freien-radios-radio-alice/

(Intervista a Valerio Minnella)

 

Argentina

8 dicembre 2016
FM La Tribu, Buenos Aires     
"Buon pomeriggio !!
Abbiamo contattato perché da FM La Tribu, radio comunitaria Buenos Aires hanno eseguito un audio per il 40 ° anniversario di Radio Alice, esperienza faro per noi.
 Le produzione dei programma Sonidos Clandestinos abbiamo dedicato produzione del suono a 40 anni, si avvicina dal patrimonio politico, comunicativo e artistico di Radio Alice.
 Inviamo il pezzo e la speranza di godere come abbiamo fatto nosotrxs per farlo
 Ciao da tutto il team di clandestini Suoni e FM La Tribu."

 

Francia

1 febbraio 2017

Radio France - France Culture

www.franceculture.fr

Chers Tous, "Skank Bloc Bologna" sera diffusé le mercredi 1er février à 23h00 sur les ondes de France Culture et disponible en podcast (
https://www.franceculture.fr/emissions/creation-air/skank-bloc-bologna?xtmc=Skank%20Bloc%20Bologna&xtnp=1&xtcr=1 ).
Son thème : Bologne en 1977. L'émergence du mouvement autonome, des radios libres mais aussi de la scène punk et queer en Italie. "Nous étions une bande de pédés, de lesbiennes et de putes." Avec Helena Velena, Valerio Minella, Virginia Rossini et Lapo Boschi.
Traduction : Simonetta Geeggio. "Création On Air, un espace d'expérimentations sonores.
Un immense merci à tous. Guillaume.

 

 

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